I commenti sono a cura del parroco don Remigio Menegatti
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1a domenica di Avvento - Anno B
Domenica 3 dicembre
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La croce gloriosa parla di risurrezione, di vittoria di Dio. Vivremo la giornata missionaria mondiale il 23 ottobre aiutati da suor Maria delle Missionarie di Padre Kolbe. |
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Lettera alla diocesi di Verona
del vescovo eletto, mons. Domenico Pompili.
«Neppure si mette vino nuovo in otri vecchi, altrimenti gli otri scoppiano e così si versa il vino e si perdono gli otri. Ma il vino nuovo si mette in otri nuovi, così si conservano entrambi» (Mt 9,17).
Le parole di Gesù (come dalla liturgia del giorno di oggi) risuonano nel momento in cui viene reso noto che Papa Francesco mi ha eletto vescovo di Verona, succedendo a mons. Zenti che abbraccio con gratitudine.
Questa scelta inattesa mi ha spiazzato. Fino a qualche giorno fa non avrei mai immaginato di venire da voi e di lasciare quelli tra i quali ho vissuto per sette intensi anni, segnati anche dal terremoto.
Naturalmente il testo evangelico suggerisce ben altro rispetto a questa mia troppo personale interpretazione. Quel che è incomparabilmente “nuovo”, infatti, è il Signore Gesù! Lui è il “vino nuovo” che fa saltare consuetudini e spazza via pregiudizi. È nel suo Nome che vengo a voi.
Esattamente un secolo fa (1922) Romano Guardini, che era nato proprio a Verona (1885), prima di emigrare con la sua famiglia in Germania, sottolineava che «si è iniziato un processo di incalcolabile portata: il risveglio della Chiesa nelle anime». E descriveva tale processo come «la via per diventare uomo».
Dobbiamo onestamente riconoscere che il “suolo umano” si è impoverito, si è svuotato del suo humus di relazioni, legami, responsabilità e così è divenuto friabile e inconsistente. Al punto che l’uomo stesso, su questo terreno incerto, finisce per diventare “di sabbia”. Siamo tutti, donne e uomini, dalla “testa pesante” che fatichiamo a portare avanti la nostra vita, dubitiamo del tragitto e del senso, chiedendo al contempo riconoscimento e rassicurazione.
In tale contesto, quale è la strada da percorrere insieme?
Guardini non ha dubbi. E neanche io. Grazie alla fede cristiana, infatti, «emerge un punto, che non appartiene al mondo; un luogo, in cui si può camminare; uno spazio in cui si può entrare; una forza su cui ci si può appoggiare; un amore, a cui ci si può affidare». È la ricerca della fede che vengo a vivere con voi, insieme a tutti, credenti e non credenti, donne e uomini di buona volontà.
Spero che il tempo che ci separa dall’incontro rafforzi in tutti la determinazione ferma e perseverante di camminare insieme.
Con amicizia e con gratitudine.
Rieti, 2 luglio 2022
Domenico
Le parole di Gesù (come dalla liturgia del giorno di oggi) risuonano nel momento in cui viene reso noto che Papa Francesco mi ha eletto vescovo di Verona, succedendo a mons. Zenti che abbraccio con gratitudine.
Questa scelta inattesa mi ha spiazzato. Fino a qualche giorno fa non avrei mai immaginato di venire da voi e di lasciare quelli tra i quali ho vissuto per sette intensi anni, segnati anche dal terremoto.
Naturalmente il testo evangelico suggerisce ben altro rispetto a questa mia troppo personale interpretazione. Quel che è incomparabilmente “nuovo”, infatti, è il Signore Gesù! Lui è il “vino nuovo” che fa saltare consuetudini e spazza via pregiudizi. È nel suo Nome che vengo a voi.
Esattamente un secolo fa (1922) Romano Guardini, che era nato proprio a Verona (1885), prima di emigrare con la sua famiglia in Germania, sottolineava che «si è iniziato un processo di incalcolabile portata: il risveglio della Chiesa nelle anime». E descriveva tale processo come «la via per diventare uomo».
Dobbiamo onestamente riconoscere che il “suolo umano” si è impoverito, si è svuotato del suo humus di relazioni, legami, responsabilità e così è divenuto friabile e inconsistente. Al punto che l’uomo stesso, su questo terreno incerto, finisce per diventare “di sabbia”. Siamo tutti, donne e uomini, dalla “testa pesante” che fatichiamo a portare avanti la nostra vita, dubitiamo del tragitto e del senso, chiedendo al contempo riconoscimento e rassicurazione.
In tale contesto, quale è la strada da percorrere insieme?
Guardini non ha dubbi. E neanche io. Grazie alla fede cristiana, infatti, «emerge un punto, che non appartiene al mondo; un luogo, in cui si può camminare; uno spazio in cui si può entrare; una forza su cui ci si può appoggiare; un amore, a cui ci si può affidare». È la ricerca della fede che vengo a vivere con voi, insieme a tutti, credenti e non credenti, donne e uomini di buona volontà.
Spero che il tempo che ci separa dall’incontro rafforzi in tutti la determinazione ferma e perseverante di camminare insieme.
Con amicizia e con gratitudine.
Rieti, 2 luglio 2022
Domenico
Per approfondire/riflettere
Sintesi Nazionale del Cammino Sinodale - LEGGI
Omelia in cimitero nel giorno 1° novembre 2023
In questi giorni, più che in altri, il cimitero è per molti un luogo in cui diventa spontaneo entrare. Abbiamo vissuto la processione, pregando e cantando; viene suggerita la pratica dei “passaggi” per l’indulgenza a favore dei nostri cari. Ma anche se siamo venuti direttamente da casa, in questo momento, o in altri in cui siamo quasi soli con i nostri cari, il nostro mettersi in cammino e arrivare qui ci aiuta a condividere quanto vive la piccola folla che esce da Nain portando un ragazzo, unico figlio di una madre vedova. Forse qui, davanti alla tomba dei nostri cari, proviamo gli stessi sentimenti che quella donna avvertiva forte nel cuore: non ha più nessuno; ha già perso il marito, e ora anche il figlio. Non le rimane alcun sostegno. Nemmeno il tempo che passa potrà attenuare la solitudine nel cuore. La vicinanza delle persone – molta gente della città era con lei, scrive Luca – non è sufficiente a risolvere il senso di solitudine, di fallimento, di fine della speranza che lei prova.
Forse quella donna si avvede solo all’ultimo momento – chiusa come è nel suo dolore, con gli occhi colmi di lacrime – di un altro corteo, che arriva dalla direzione opposta: Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla. La porta della città della Galilea, un po’ a sud del Lago, diventa il luogo d’incontro di due cortei, il convergere di due gruppi, lo scontro di due potenze: la morte e la vita. Un corteo segue la donna affranta dal dolore; l’altro segue un giovane di Nazaret, da un po’ di tempo in cammino sulle strade della Palestina, in compagnia di alcuni discepoli e spesso anche dalla folla. Stanno ascoltando Gesù; interessati delle cose che dice e attenti ai gesti che possono confermare le speranze suscitate dai suoi discorsi.
Fissiamo l’attenzione sui gesti e sulle parole di Gesù: 13Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». Le sue possono assomigliare alle nostre parole in queste circostanze: “Coraggio”, “fatti forza”, “la vita continua”, “ti siamo vicini”. Parole vere, sincere, autentiche, che ci vengono dal cuore e che possono essere di aiuto per chi le ascolta; ma incapaci di risolvere la situazione. Quelle di Gesù non sono solo parole, come le nostre, anche se sgorgano dal cuore. Lui sa compiere gesti straordinari e non si tira indietro. Trasforma la sua compassione in un gesto di solidarietà, il dolore che anche lui prova sboccia e fiorisce in gesto di amore.
"Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Anche noi, nei funerali, ci avviciniamo alla bara, la tocchiamo; spesso la baciamo: vogliamo salutare chi ci ha lasciato e lasciare un segno di affetto. Il gesto di Gesù può ricordare la potenza che esprime nella Cappella Sistina l’affresco in cui, una vicina all’altra, vediamo la mano del Creatore e quella di Adamo. La potenza di vita passa dalla mano di Dio a quella della sua creatura. La mano di Gesù, che comunica una potenza di vita, dà a quel giovane la possibilità di compiere il gesto che il Maestro gli ordina - «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Infatti, continua l’Evangelista: Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre."
Il cammino della vita che ha alla sua testa Gesù stesso, intercetta il cammino della morte – rappresentato dalla donna e dai suoi parenti e amici; due gruppi sulla stessa strada: uno risulta vincitore. La vittoria di cui saremo anche non tanto spettatori ma protagonisti, supera di gran lunga quella che si è celebrata a Nain. Quel giovane è tornato alla vita… quella di prima; ha continuato a vivere con sua madre… magari per tanti anni, forse anche felici… ma poi è morto, e senza che si ripeta il segno prodigioso.
La nostra sarà una risurrezione diversa; non il ritorno alla vita di prima, come riavvolgere di qualche giorno il nastro della vita. La nostra -e un giorno anche la sua, e per tutti gli uomini e le donne, sarà una vita nuova, piena , definitiva, vera. Sarà la risposta alle nostre attese più profonde: tra queste quella di vivere per sempre, godere della comunione con Dio e con le persone che amiamo senza alcun limite o barriera. Una vita eterna per sempre.
Due cortei arrivano alla porta di Nain; ne riparte uno solo, perché le due realtà si unificano: 16Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». 17Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.
Il nuovo – e unico - corteo non ha limite di tempo e di spazio, e di partecipazione. È aperto a tutti; uomini e donne di ogni tempo e di ogni luogo.
In questi giorni, più che in altri, il cimitero è per molti un luogo in cui diventa spontaneo entrare. Abbiamo vissuto la processione, pregando e cantando; viene suggerita la pratica dei “passaggi” per l’indulgenza a favore dei nostri cari. Ma anche se siamo venuti direttamente da casa, in questo momento, o in altri in cui siamo quasi soli con i nostri cari, il nostro mettersi in cammino e arrivare qui ci aiuta a condividere quanto vive la piccola folla che esce da Nain portando un ragazzo, unico figlio di una madre vedova. Forse qui, davanti alla tomba dei nostri cari, proviamo gli stessi sentimenti che quella donna avvertiva forte nel cuore: non ha più nessuno; ha già perso il marito, e ora anche il figlio. Non le rimane alcun sostegno. Nemmeno il tempo che passa potrà attenuare la solitudine nel cuore. La vicinanza delle persone – molta gente della città era con lei, scrive Luca – non è sufficiente a risolvere il senso di solitudine, di fallimento, di fine della speranza che lei prova.
Forse quella donna si avvede solo all’ultimo momento – chiusa come è nel suo dolore, con gli occhi colmi di lacrime – di un altro corteo, che arriva dalla direzione opposta: Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla. La porta della città della Galilea, un po’ a sud del Lago, diventa il luogo d’incontro di due cortei, il convergere di due gruppi, lo scontro di due potenze: la morte e la vita. Un corteo segue la donna affranta dal dolore; l’altro segue un giovane di Nazaret, da un po’ di tempo in cammino sulle strade della Palestina, in compagnia di alcuni discepoli e spesso anche dalla folla. Stanno ascoltando Gesù; interessati delle cose che dice e attenti ai gesti che possono confermare le speranze suscitate dai suoi discorsi.
Fissiamo l’attenzione sui gesti e sulle parole di Gesù: 13Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». Le sue possono assomigliare alle nostre parole in queste circostanze: “Coraggio”, “fatti forza”, “la vita continua”, “ti siamo vicini”. Parole vere, sincere, autentiche, che ci vengono dal cuore e che possono essere di aiuto per chi le ascolta; ma incapaci di risolvere la situazione. Quelle di Gesù non sono solo parole, come le nostre, anche se sgorgano dal cuore. Lui sa compiere gesti straordinari e non si tira indietro. Trasforma la sua compassione in un gesto di solidarietà, il dolore che anche lui prova sboccia e fiorisce in gesto di amore.
"Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Anche noi, nei funerali, ci avviciniamo alla bara, la tocchiamo; spesso la baciamo: vogliamo salutare chi ci ha lasciato e lasciare un segno di affetto. Il gesto di Gesù può ricordare la potenza che esprime nella Cappella Sistina l’affresco in cui, una vicina all’altra, vediamo la mano del Creatore e quella di Adamo. La potenza di vita passa dalla mano di Dio a quella della sua creatura. La mano di Gesù, che comunica una potenza di vita, dà a quel giovane la possibilità di compiere il gesto che il Maestro gli ordina - «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Infatti, continua l’Evangelista: Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre."
Il cammino della vita che ha alla sua testa Gesù stesso, intercetta il cammino della morte – rappresentato dalla donna e dai suoi parenti e amici; due gruppi sulla stessa strada: uno risulta vincitore. La vittoria di cui saremo anche non tanto spettatori ma protagonisti, supera di gran lunga quella che si è celebrata a Nain. Quel giovane è tornato alla vita… quella di prima; ha continuato a vivere con sua madre… magari per tanti anni, forse anche felici… ma poi è morto, e senza che si ripeta il segno prodigioso.
La nostra sarà una risurrezione diversa; non il ritorno alla vita di prima, come riavvolgere di qualche giorno il nastro della vita. La nostra -e un giorno anche la sua, e per tutti gli uomini e le donne, sarà una vita nuova, piena , definitiva, vera. Sarà la risposta alle nostre attese più profonde: tra queste quella di vivere per sempre, godere della comunione con Dio e con le persone che amiamo senza alcun limite o barriera. Una vita eterna per sempre.
Due cortei arrivano alla porta di Nain; ne riparte uno solo, perché le due realtà si unificano: 16Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». 17Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.
Il nuovo – e unico - corteo non ha limite di tempo e di spazio, e di partecipazione. È aperto a tutti; uomini e donne di ogni tempo e di ogni luogo.
PREGHIERA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
a conclusione dell’ora di preghiera Pacem in terris Basilica di San Pietro Venerdì, 27 ottobre 2023 _____________________________________ Maria, guarda a noi! Siamo qui davanti a te. Tu sei Madre, conosci le nostre fatiche e le nostre ferite. Tu, Regina della pace, soffri con noi e per noi, vedendo tanti tuoi figli provati dai conflitti, angosciati dalle guerre che dilaniano il mondo. È un’ora buia. Questa è un’ora buia, Madre. E in questa ora buia ci immergiamo nei tuoi occhi luminosi e ci affidiamo al tuo cuore, sensibile ai nostri problemi. Esso non è stato esente da inquietudini e paure: quanta apprensione quando non c’era posto per Gesù nell’alloggio, quanto timore quando di corsa siete fuggiti in Egitto perché Erode voleva ucciderlo, quant’angoscia quando l’avete smarrito nel tempio! Ma, Madre, tu nelle prove sei stata coraggiosa, sei stata audace: hai confidato in Dio e hai risposto all’apprensione con la cura, al timore con l’amore, all’angoscia con l’offerta. Madre, non ti sei tirata indietro, ma nei momenti decisivi hai preso l’iniziativa: in fretta sei andata da Elisabetta, alle nozze di Cana hai ottenuto da Gesù il primo miracolo, nel Cenacolo hai tenuto i discepoli uniti. E quando sul Calvario una spada ti ha trapassato l’anima, tu, Madre, donna umile, donna forte, hai tessuto di speranza pasquale la notte del dolore. Ora, Madre, prendi ancora una volta l’iniziativa; prendila per noi, in questi tempi lacerati dai conflitti e devastati dalle armi. Volgi il tuo sguardo di misericordia sulla famiglia umana, che ha smarrito la via della pace, che ha preferito Caino ad Abele e, perdendo il senso della fraternità, non ritrova l’atmosfera di casa. Intercedi per il nostro mondo in pericolo e in subbuglio. Insegnaci ad accogliere e a curare la vita – ogni vita umana! – e a ripudiare la follia della guerra, che semina morte e cancella il futuro. Maria, tante volte tu sei venuta incontro, chiedendo preghiera e penitenza. Noi, però, presi dai nostri bisogni e distratti da tanti interessi mondani, siamo stati sordi ai tuoi inviti. Ma tu, che ci ami, non ti stanchi di noi, Madre. Prendici per mano. Prendici per mano e guidaci alla conversione, fa’ che rimettiamo Dio al primo posto. Aiutaci a custodire l’unità nella Chiesa e ad essere artigiani di comunione nel mondo. Richiamaci all’importanza del nostro ruolo, facci sentire responsabili per la pace, chiamati a pregare e ad adorare, a intercedere e a riparare per l’intero genere umano. Madre, da soli non ce la facciamo, senza il tuo Figlio non possiamo fare nulla. Ma tu ci riporti a Gesù, che è la nostra pace. Perciò, Madre di Dio e nostra, noi veniamo a te, cerchiamo rifugio nel tuo Cuore immacolato. Invochiamo misericordia, Madre di misericordia; pace, Regina della pace! Scuoti l’animo di chi è intrappolato dall’odio, converti chi alimenta e fomenta conflitti. Asciuga le lacrime dei bambini – in quest’ora piangono tanto! –, assisti chi è solo e anziano, sostieni i feriti e gli ammalati, proteggi chi ha dovuto lasciare la propria terra e gli affetti più cari, consola gli sfiduciati, ridesta la speranza. Ti affidiamo e consacriamo le nostre vite, ogni fibra del nostro essere, quello che abbiamo e siamo, per sempre. Ti consacriamo la Chiesa perché, testimoniando al mondo l’amore di Gesù, sia segno di concordia, sia strumento di pace. Ti consacriamo il nostro mondo, specialmente ti consacriamo i Paesi e le regioni in guerra. Il popolo fedele ti chiama aurora della salvezza: Madre, apri spiragli di luce nella notte dei conflitti. Tu, dimora dello Spirito Santo, ispira vie di pace ai responsabili delle nazioni. Tu, Signora di tutti i popoli, riconcilia i tuoi figli, sedotti dal male, accecati dal potere e dall’odio. Tu, che a ciascuno sei vicina, accorcia le nostre distanze. Tu, che di tutti hai compassione, insegnaci a prenderci cura degli altri. Tu, che riveli la tenerezza del Signore, rendici testimoni della sua consolazione. Madre, Tu, Regina della pace, riversa nei cuori l’armonia di Dio. Amen. LEGGI
Lettera del Patriarca di Gerusalemme dei Latini, Card. Pierbattista Pizzaballa
MESSAGGIO di Papa Francesco per la giornata mondiale della pace LEGGI Messaggio del Santo Padre Francesco in occasione della Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato, che si celebra il 1° settembre 2023 Cari fratelli e sorelle! “Che scorrano la giustizia e la pace” è quest’anno il tema del Tempo ecumenico del Creato, ispirato dalle parole del profeta Amos: «Come le acque scorra il diritto e la giustizia come un torrente perenne» (5,24). Questa espressiva immagine di Amos ci dice quello che Dio desidera. Dio vuole che regni la giustizia, che è essenziale per la nostra vita di figli a immagine di Dio come l’acqua lo è per la nostra sopravvivenza fisica. Questa giustizia deve emergere laddove è necessaria, non nascondersi troppo in profondità o svanire come acqua che evapora, prima di poterci sostenere. Dio vuole che ciascuno cerchi di essere giusto in ogni situazione, che si sforzi sempre di vivere secondo le sue leggi e di rendere quindi possibile alla vita di fiorire in pienezza. Quando cerchiamo prima di tutto il regno di Dio (cfr Mt 6,33), mantenendo una giusta relazione con Dio, l’umanità e la natura, allora la giustizia e la pace possono scorrere, come una corrente inesauribile di acqua pura, nutrendo l’umanità e tutte le creature. Nel luglio 2022, in una bella giornata estiva, ho meditato su questi argomenti durante il mio pellegrinaggio sulle sponde del Lago Sant’Anna, nella provincia di Alberta, in Canada. Quel lago è stato ed è un luogo di pellegrinaggio per molte generazioni di indigeni. Come ho detto in quell’occasione, accompagnato dal suono dei tamburi: «Quanti cuori sono giunti qui desiderosi e ansimanti, gravati dai pesi della vita, e presso queste acque hanno trovato la consolazione e la forza per andare avanti! Anche qui, immersi nel creato, c’è un altro battito che possiamo ascoltare, quello materno della terra. E così come il battito dei bimbi, fin dal grembo, è in armonia con quello delle madri, così per crescere da esseri umani abbiamo bisogno di cadenzare i ritmi della vita a quelli della creazione che ci dà vita».[1] In questo Tempo del Creato, soffermiamoci su questi battiti del cuore: il nostro, quello delle nostre madri e delle nostre nonne, il battito del cuore creato e del cuore di Dio. Oggi essi non sono in armonia, non battono insieme nella giustizia e nella pace. A troppi viene impedito di abbeverarsi a questo fiume possente. Ascoltiamo pertanto l’appello a stare a fianco delle vittime dell’ingiustizia ambientale e climatica, e a porre fine a questa insensata guerra al creato. Vediamo gli effetti di questa guerra in tanti fiumi che si stanno prosciugando. «I deserti esteriori si moltiplicano nel mondo, perché i deserti interiori sono diventati così ampi», ha affermato una volta Benedetto XVI.[2] Il consumismo rapace, alimentato da cuori egoisti, sta stravolgendo il ciclo dell’acqua del pianeta. L’uso sfrenato di combustibili fossili e l’abbattimento delle foreste stanno creando un innalzamento delle temperature e provocando gravi siccità. Spaventose carenze idriche affliggono sempre più le nostre abitazioni, dalle piccole comunità rurali alle grandi metropoli. Inoltre, industrie predatorie stanno esaurendo e inquinando le nostre fonti di acqua potabile con pratiche estreme come la fratturazione idraulica per l’estrazione di petrolio e gas, i progetti di mega-estrazione incontrollata e l’allevamento intensivo di animali. “Sorella acqua”, come la chiama San Francesco, viene saccheggiata e trasformata in «merce soggetta alle leggi del mercato» (Enc. Laudato si’, 30). Il Gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (IPCC) afferma che un’azione urgente per il clima può garantirci di non perdere l’occasione di creare un mondo più sostenibile e giusto. Possiamo, dobbiamo evitare che si verifichino le conseguenze peggiori. «È molto quello che si può fare!» (ibid., 180), se, come tanti ruscelli e torrenti, alla fine insieme confluiamo in un fiume potente per irrigare la vita del nostro meraviglioso pianeta e della nostra famiglia umana per le generazioni a venire. Uniamo le nostre mani e compiamo passi coraggiosi affinché la giustizia e la pace scorrano in tutta la Terra. Come possiamo contribuire al fiume potente della giustizia e della pace in questo Tempo del Creato? Cosa possiamo fare noi, soprattutto come Chiese cristiane, per risanare la nostra casa comune in modo che torni a pullulare di vita? Dobbiamo decidere di trasformare i nostri cuori, i nostri stili di vita e le politiche pubbliche che governano le nostre società. Per prima cosa, contribuiamo a questo fiume potente trasformando i nostri cuori. È essenziale se si vuole iniziare qualsiasi altra trasformazione. È la “conversione ecologica” che San Giovanni Paolo II ci ha esortato a compiere: il rinnovamento del nostro rapporto con il creato, affinché non lo consideriamo più come oggetto da sfruttare, ma al contrario lo custodiamo come dono sacro del Creatore. Rendiamoci conto, poi, che un approccio d’insieme richiede di praticare il rispetto ecologico su quattro vie: verso Dio, verso i nostri simili di oggi e di domani, verso tutta la natura e verso noi stessi. Quanto alla prima di queste dimensioni, Benedetto XVI ha individuato un’urgente necessità di comprendere che Creazione e Redenzione sono inseparabili: «Il Redentore è il Creatore e se noi non annunciamo Dio in questa sua totale grandezza – di Creatore e di Redentore – togliamo valore anche alla Redenzione».[3] La creazione si riferisce al misterioso e magnifico atto di Dio di creare questo maestoso e bellissimo pianeta e questo universo dal nulla, e anche al risultato di quell’azione, tuttora in corso, che sperimentiamo come un dono inesauribile. Durante la liturgia e la preghiera personale nella «grande cattedrale del creato»,[4] ricordiamo il Grande Artista che crea tanta bellezza e riflettiamo sul mistero della scelta amorosa di creare il cosmo. In secondo luogo, contribuiamo al flusso di questo potente fiume trasformando i nostri stili di vita. Partendo dalla grata ammirazione del Creatore e del creato, pentiamoci dei nostri “peccati ecologici”, come avverte il mio fratello, il Patriarca Ecumenico Bartolomeo. Questi peccati danneggiano il mondo naturale e anche i nostri fratelli e le nostre sorelle. Con l’aiuto della grazia di Dio, adottiamo stili di vita con meno sprechi e meno consumi inutili, soprattutto laddove i processi di produzione sono tossici e insostenibili. Cerchiamo di essere il più possibile attenti alle nostre abitudini e scelte economiche, così che tutti possano stare meglio: i nostri simili, ovunque si trovino, e anche i figli dei nostri figli. Collaboriamo alla continua creazione di Dio attraverso scelte positive: facendo un uso il più moderato possibile delle risorse, praticando una gioiosa sobrietà, smaltendo e riciclando i rifiuti e ricorrendo ai prodotti e ai servizi sempre più disponibili che sono ecologicamente e socialmente responsabili. Infine, affinché il potente fiume continui a scorrere, dobbiamo trasformare le politiche pubbliche che governano le nostre società e modellano la vita dei giovani di oggi e di domani. Politiche economiche che favoriscono per pochi ricchezze scandalose e per molti condizioni di degrado decretano la fine della pace e della giustizia. È ovvio che le Nazioni più ricche hanno accumulato un “debito ecologico” (Laudato si’, 51).[5] I leader mondiali presenti al vertice COP28, in programma a Dubai dal 30 novembre al 12 dicembre di quest’anno, devono ascoltare la scienza e iniziare una transizione rapida ed equa per porre fine all’era dei combustibili fossili. Secondo gli impegni dell’Accordo di Parigi per frenare il rischio del riscaldamento globale, è un controsenso consentire la continua esplorazione ed espansione delle infrastrutture per i combustibili fossili. Alziamo la voce per fermare questa ingiustizia verso i poveri e verso i nostri figli, che subiranno gli impatti peggiori del cambiamento climatico. Faccio appello a tutte le persone di buona volontà affinché agiscano in base a questi orientamenti sulla società e sulla natura. Un’altra prospettiva parallela è specifica dell’impegno della Chiesa cattolica per la sinodalità. Quest’anno, la chiusura del Tempo del Creato, il 4 ottobre, festa di San Francesco, coinciderà con l’apertura del Sinodo sulla Sinodalità. Come i fiumi che sono alimentati da mille minuscoli ruscelli e torrenti più grandi, il processo sinodale iniziato nell’ottobre 2021 invita tutte le componenti, a livello personale e comunitario, a convergere in un fiume maestoso di riflessione e rinnovamento. Tutto il Popolo di Dio viene accolto in un coinvolgente cammino di dialogo e conversione sinodale. Allo stesso modo, come un bacino fluviale con i suoi tanti affluenti grandi e piccoli, la Chiesa è una comunione di innumerevoli Chiese locali, comunità religiose e associazioni che si alimentano della stessa acqua. Ogni sorgente aggiunge il suo contributo unico e insostituibile, finché tutte confluiscono nel vasto oceano dell’amore misericordioso di Dio. Come un fiume è fonte di vita per l’ambiente che lo circonda, così la nostra Chiesa sinodale dev’essere fonte di vita per la casa comune e per tutti coloro che vi abitano. E come un fiume dà vita a ogni sorta di specie animale e vegetale, così una Chiesa sinodale deve dare vita seminando giustizia e pace in ogni luogo che raggiunge. Nel luglio 2022 in Canada, ho ricordato il Mare di Galilea dove Gesù ha guarito e consolato tanta gente, e dove ha proclamato “una rivoluzione d’amore”. Ho appreso che il Lago Sant’Anna è anche un luogo di guarigione, consolazione e amore, un luogo che «ci ricorda che la fraternità è vera se unisce i distanti, che il messaggio di unità che il Cielo invia in terra non teme le differenze e ci invita alla comunione, alla comunione delle differenze, per ripartire insieme, perché tutti – tutti! – siamo pellegrini in cammino».[6] In questo Tempo del Creato, come seguaci di Cristo nel nostro comune cammino sinodale, viviamo, lavoriamo e preghiamo perché la nostra casa comune abbondi nuovamente di vita. Lo Spirito Santo aleggi ancora sulle acque e ci guidi a «rinnovare la faccia della terra» (cfr Sal 104,30). Roma, San Giovanni in Laterano, 13 maggio 2023 FRANCESCO Qui la pagina per approfondire: LEGGI |
CONFESSIONI
Siamo disponibili sempre se contattati direttamente; soprattutto se prima (in un tempo ragionevole) e dopo messa.
Si può telefonare 045 907023 chiedendo di uno dei tre preti a scelta.
Don Luca è disponibile in chiesa al sabato da ore 16,00 a ore 17,00 e nelle mattine del mercato da ore 10,00 a ore 12,00.
Nelle mattine di mercato anche altri preti soprattutto dopo messa.
Siamo disponibili sempre se contattati direttamente; soprattutto se prima (in un tempo ragionevole) e dopo messa.
Si può telefonare 045 907023 chiedendo di uno dei tre preti a scelta.
Don Luca è disponibile in chiesa al sabato da ore 16,00 a ore 17,00 e nelle mattine del mercato da ore 10,00 a ore 12,00.
Nelle mattine di mercato anche altri preti soprattutto dopo messa.